Torino, lunedì 30 marzo 2015, metà mattina. Dopo giorni di pioggia instancabile, finalmente Torino ci regala la sua versione a cielo blu, soleggiata e ventosa. Non abbiamo ancora finito di smontare lo stand al Festival dell'Oriente (dove noi partecipiamo in quanto veneti), che un altro appuntamento ci attende.
Dal padiglione Oval del Lingotto ci trasferiamo al CLE, il Campus Luigi Einaudi, dove hanno sede i dipartimenti di Scienze giuridiche, politiche ed economico-sociali dell'Università di Torino. Essendo in giro con l'utilitaria, come affettuosamente chiamiamo il nostro furgone Iveco lungo la bellezza di 7 metri, la variabile parcheggio incide. Dunque sì, arriviamo in ritardo.
Il Campus Einaudi è un complesso imponente (all'ingresso ci accoglie persino un toro rampante, per fortuna ligneo) e senz'altro molto funzionale; generoso negli spazi, sia all'aperto che al coperto, e con un affaccio sul Lungo Dora che solo a guardarlo ti battezza: una limpida corrente di acqua pura.
I ragazzi che ci aspettano sono allievi del corso di Finanza etica e microcredito del professor Mauro Bonaiuti, studioso di decrescita (che «non è un programma masochistico-ascetico di riduzione dei consumi», sottolinea spesso nei suoi lavori). Tra i massimi esperti in Italia di bioeconomia, Mauro è evidentemente un outsider, negli atenei che frequenta, se riesce persino a sottotitolare un suo libro: «Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista».*
Entriamo in aula. Gigi padroneggia da subito la situazione, a suo agio come sempre. Niente slide, la platea si annoierebbe. Inizia parlando di scarpe che si trovano sul mercato a prezzi incredibili: 35, 30, addirittura 5 euro (commenta una studentessa, teste oculare; a noi non era ancora mai capitato). Come è possibile? «Ecco, quel prezzo, che ingolosisce e apparentemente ci risolve la questione, in realtà è un problema per tutti».
Di lì a poco, un esempio opposto. Gigi fronteggia due polacchine scamosciate, solo apparentemente simili: la Ecoflex color ebano, tra i modelli più amati e popolari del nostro catalogo, e il suo corrispondente altisonante di mercato. Quello che ci preme è fornire importanti strumenti di valutazione e consapevolezza, tanto più a dei futuri economisti.
Tutto il resto della lezione consiste nell'articolare una risposta alla domanda acutamente posta da uno studente: Come è possibile che la nostra polacchina esca sul mercato a soli 99 euro, e che invece la gigantesca azienda concorrente ne chieda fino a 140? E che, rincariamo noi, a fronte della pretesa di prezzo da parte di un grosso marchio, nessuno si ponga le domande fondamentali, cioè dove il bene è prodotto, rispondendo a quali logiche e con quali materiali?
Eccome se è possibile, vorrei rispondere io, che svolgo oggi il ruolo silente di portaborse e reporter. Spesso, pur di risparmiare (e senza tener conto dei costi occulti), diventiamo miopi; ma il paradosso è che, a volte, diventiamo miopi per spendere di più.
Forse proprio tutta la fatica e l'energia necessaria per spiegare, far capire, giustificare tutto quanto caratterizza il nostro "progetto ribelle" è ciò che si nasconde dietro quella mano che asciuga la fronte estenuata di Gigi (sopra, nella foto di copertina).
Ancora qualche domanda, ma il tempo sta per scadere. Girano classiche espressioni perinelliane come «far leva sulla pubblicità», «sulle emozioni», la «flebo quotidiana del supermercato», la «giusta misura delle aziende» ecc. Chissà gli astanti come la prendono, ma certamente il seme antagonista è ormai instillato.
* M. Bonaiuti, a cura di, Obiettivo decrescita, Emi, Bologna 2004.